Dalla Commissione Ambiente OmceoTn.Nessuna descrizione della foto disponibile.

La pandemia ha cambiato molte abitudini e aspetti della nostra vita fra cui l’approccio al mondo digitale, col massiccio ricorso alle sue soluzioni durante e dopo il lockdown : per rimanere in contatto col mondo, lavorare (smart working , videoconferenze), studiare (didattica a distanza ), fare acquisti , praticare sport in casa con le piattaforme online. Strumenti digitali sono stati e sono utilizzati per monitorare la diffusione del coronavirus, svolgere attività di ricerca e sviluppo di strumenti diagnostici, cure e vaccini,per gestire da remoto interi impianti industriali e molto altro. Tuttavia il settore ICT (tecnologie della comunicazione e jnformazione) ha un impatto ambientale negativo , contribuendo alle emissioni di gas serra con conseguente riscaldamento globale e depauperamento di risorse .Computer, dispositivi elettronici e infrastrutture ICT consumano energia a partire dall’estrazione delle materie prime per la produzione, e a seguire per la loro realizzazione , trasporto, distribuzione, fase d’uso , dismissione.
Il mondo digitale consuma elettricità, che, se non proveniente da fonti rinnovabili, è responsabile di emissioni di CO2eq., dovute soprattutto al dispendio energetico dei datacenter e delle reti di telecomunicazione. Tra il 2015 e il 2020 le emissioni dovute ai datacenter si sono quasi raddoppiate. La domanda di energia elettrica proveniente dal mondo ICT cresce assieme all’enorme espansione del settore, ma la sostenibilità ambientale richiede che ciò avvenga utilizzando energia proveniente da fonti rinnovabili. I grandi Data Center (Apple, Faceboock, Google, YouTube, Amazon ecc.) si approvvigionano da varie fonti , rinnovabili , gas naturale , carbone, nucleare, in proporzioni variabili. Delle big tech la più inquinante è Amazon: nel 2020 ha emesso 54.659.000 di tonnellate di CO2 (però include anche il trasporto pacchi), seguono Samsung e Apple .Tra le multinazionali 100% web la peggiore è Google con 12,5 milioni di tonnellate di CO2, segue Microsoft e in terza posizione Facebook .
Se le ICT fossero uno stato questo sarebbe il quinto in graduatoria nel contributo alle emissioni di CO2 dopo Cina e Sud-est asiatico (Taiwan e Corea del Sud), Usa, India e Russia.
Lo studio “Valutazione dell’impronta globale delle emissioni ICT: tendenze verso il 2040 e raccomandazioni”, pubblicato su Journal of Cleaner Production, ha preso in analisi l’impatto del settore ICT sulle emissioni globali di gas serra. Nel 2007 le ICT contribuivano per l’1% alle emissioni inquinanti, ma in poco più di dieci anni si è arrivati al 3,7 % e le proiezioni indicano che entro il 2040 le emissioni globali di C02 delle ICT raggiungeranno il 14%.
Muoverci nel mondo digitale, così immateriale, può dare l’impressione di un impatto ambientale zero, ma dietro un cloud (nuvola) c’è una struttura materiale composta da interminabili cavi oceanici, satelliti, data center, routers, fibre ottiche e tutto ciò che serve per portare internet in ogni parte del mondo. Tutto il sistema che ruota attorno alla rete, assieme ai dispositivi per la navigazione causa il 3,7% delle emissioni di gas serra del nostro pianeta, più di quelle dovute all’industria aerea. I soli data center in cui vengono archiviate le nostre mail, i nostri post sui social , i dati di banche, aziende, istituzioni, ecc. consumano poco meno dell’1% di tutta l’energia consumata a livello globale.Tutte le attività quotidiane svolte da 4,1 miliardi di utenti internet nel mondo occidentale sono responsabili della produzione di circa 80 chili di gas serra /anno per ogni utilizzatore. Il grosso dell’impronta ambientale ICT non è costituito tuttavia da messaggi, email e videoconferenze, ma dai video in streaming , e rappresenta il 60% del traffico totale dei dati che viaggiano in internet, generando oltre 300 milioni di tonnellate di gas serra ogni anno. I video (piattaforme di film come Netflx e altri, serie tv, siti come YouTube ecc. ) consumano da soli la stessa quantità di energia di una nazione come la Spagna e il loro impatto è in aumento col migliorare della loro qualità e definizione.
L’inquinamento digitale è aggravato anche dallo sviluppo del settore delle intelligenze artificiali e delle criptovalute. Le emissioni di carbonio generate da Bitcoin sono ormai paragonabili a quelle di una nazione : la potenza di calcolo necessaria per risolvere gli algoritmi per estrarre i bitcoin dalla rete è in continuo aumento e di pari passo l’inquinamento generato.
Nel mondon delle intelligenze artificiali i recenti progressi hanno inaugurato una nuova generazione di grandi reti neurali addestrate mediante big data. Questi modelli sono costosi da addestrare e sviluppare, sia dal punto di vista finanziario che ambientale. L’addestramento di una rete neurale comporta un costo per l’ambiente a causa dell’energia necessaria per alimentare l’ hardware per settimane o mesi necessari.
Ma la trasformazione digitale è considerata anche un mezzo importante per diminuire il consumo di energia, consentendo un uso più efficiente delle risorse nel campo dei trasporti, industria, agricoltura, servizi e molto altro e le innovazioni tecnologiche possono ridurre l’impatto negativo dell’ ICT. Le soluzioni digitali possono sostenere l’economia circolare e supportare la decarbonizzazione in molti settori, ma la velocità di crescita delle ICT è tale da annullare i vantaggi e ad oggi il saldo netto è ancora assolutamente negativo per l’ambiente e richiede interventi di contenimento delle politiche di sviluppo tecnologico e industriale e dei comportamenti individuali e collettivi degli utenti.
Come singoli o gruppi di consumatori si può fare poco per ridurre le emissioni dovute alle infrastrutture dell’ ICT perché a tale scopo servono buone pratiche da parte delle aziende del settore.
Individualmente, per salvaguardare l’ambiente, sarebbe utile l’adozione di alcuni accorgimenti : usare i link invece degli allegati, spedire meno foto inutili su WhatsApp, non usare sempre l’alta definizione su Netflix, disabilitare i video su YouTube, ascoltare musica e guardare film offline,cancellare vecchi account ,eliminare file inutili ,app inutilizzate, e newsletter che non interessano,.cambiare smartphone meno frequentemente,, acquistare prodotti resistenti e facilmente riparabili, soprattutto per quanto riguarda la batteria, che andrebbe sostituita.
Da parte delle aziende la ” sobrietà digitale” richiederebbe l’impegno per una maggiore efficienza dei loro prodotti, e ancora più importante, per aumentare la “vita” dei dispositivi tecnologici: display più robusti, batterie più durature, manutenzione anche dei software più datati. Già in fase di progettazione bisognerebbe tener conto di tutto il ciclo vitale di un prodotto, dalla estrazione di materie prime, alla produzione , utilizzo e fine vita .È importante estrarre pochi materiali e quelli con minor impatto ambientale, utilizzare i più innovativi ed ecocomptibili come le bioplastiche, sostituire le sostanze pericolose come il piombo con altre meno inquinanti. Bisognerebbe ridurre anche l’inquinamento dovuto alla fase di dustribuzione, ottimizzare in fase d’uso la funzionalità del prodotto e infine ridurre l’impatto ambientale della dismissione e rendere più agevoli il riuso e il riciclo.dei materiali impiegati. I componenti e più in generale i dispositivi ICT contengono sostanze tossiche e se non adeguatamente trattati quando vengono dismessi sono causa di danno per l’ambiente e la salute. Già nel 2006, si stimava che in Europa erano stati prodotti 8-12 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. Questi oggi stanno crescendo vertiginosamente, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, e il loro smaltimento scorretto, mal tracciato o illegale compromette l’ambiente di vita e la salute. La filiera dei rifiuti dell’ICT è fra quelle in maggior crescita, poiché la durata dei prodotti è in continua diminuzione a causa di obsolescenza prematura o programmata, o per dismissione di un prodotto ancora funzionante.
Il Consiglio Europeo ha incoraggiato la Commissione a sviluppare un’ambiziosa agenda politica per l’utilizzo di soluzioni digitali al fine di conseguire l’obiettivo “inquinamento zero”.fornendo orientamenti politici per presentare iniziative volte a sfruttare le opportunità della digitalizzazione per la protezione dell’ambiente e l’azione sul clima, e a limitare gli impatti ambientali negativi della digitalizzazione stessa. IL Consiglio ha invitato la Commissione a proporre misure normative o non normative per ridurre l’impatto ambientale dei data center e delle reti di comunicazione, e a presentare, entro la fine del 2021, un piano d’azione sulle modalità per ridurre entro il 2025 la quantità di prodotti ICT smaltiti.
Facciamo ognuno la nostra parte !

https://ilbolive.unipd.it/…/dai-datacenter-fino-nostri…

https://www.agendadigitale.eu/…/ict-poco-green-ecco…/

https://www.intelligenzaartificiale.it/deep-learning/

https://www.eni.com/…/trasfo…/inquinamento-digitale.html