Di fronte alla pandemia da Sars-CoV-2 scienza e tecnologia hanno sviluppato in tempi molto brevi vaccini contro il Covid , che ne hanno cambiato gravità e pericolosità.La vaccinazione anti Covid-19 è certamente la campagna vaccinale più ampia che sia mai stata attivata, seguita dalla continua analisi della protezione offerta dai vaccini e dal monitoraggio di possibili effetti avversi. Finora,a livello mondiale, sono stati approvati e distribuiti 28 vaccini diversi, efficaci contro Covid-19 e ne sono state somministrate oltre 12 miliardi di dosi. A tutt’oggi però non è stato condotto nessun trial comparativo tra i 28 vaccini utilizzati nel mondo. I criteri di scelta sono stati finora quelli della opportunità di produrli, di acquistarli, o di riceverli gratuitamente nell’ambito di accordi politici.Tutti i vaccini finora disponibili sono diretti verso due bersagli : o l’intero virus SARS-CoV-2 o la proteina Spike , fondamentale per l’aggancio del virus alle cellule umane. Oltre ai due noti vaccini a mRNA ,Pfizer e Moderna, ce ne sono altri nove basati sul virus inattivato , dodici sulla proteina Spike o suoi frammenti, cinque basati su sequenze di DNA che codificato per Spike, ,fra cui anche a vettore adenovirale (AstraZeneca).
Ogni vaccino ha caratteristiche che lo rendono unico per efficacia o durata della protezione conferita, o per sicurezza e tollerabilità.
È molto difficile comparare l’efficacia dei vari vaccini anti COVID-19 utilizzati a livello mondiale perché gli studi randomizzati controllati sono svolti con criteri in parte differenti e perché spesso la protezione indotta dal vaccino si realizza in contesti epidemiologici diversi e riguarda varianti diverse del virus.
Col tempo i dati epidemiologici hanno messo in evidenza che la protezione conferita dai vaccini verso il contagio non persiste a lungo, ma altresì che anche di fronte a nuovi risvolti dell’epidemia, le persone vaccinate corrono un rischio basso di sviluppare forme gravi o mortali di Covid. I dati di cui si dispone evidenziano che gli attuali vaccini ,e in particolare quelli a mRNA e quelli proteici, inducono una forte risposta immunitaria che viene mantenuta ma non esaltata dai richiami successivi, inducono una buona e persistente memoria immunitaria , non sono in grado di indurre una marcata produzione di anticorpi secretori a protezione delle mucose. Di fronte all’affermarsi di Omicron, con le sue sottovarianti altamente infettive ed anche immunoevasive, ci si interroga su utilità e limiti dei prossimi richiami (quarta dose e successive) . Si deve infatti tener presente che tutti i 28 vaccini oggi disponibili sono diretti verso il SARS-CoV-2 isolato a Wuhan a gennaio 2020, un virus che ora non circola più. Ora le sub-varianti di Omicron sono diverse , e per ottenere una protezione significativa è necessario mantenere elevata la risposta immunitaria in quanto solo una quota minore degli anticorpi indotti dai vaccini di cui disponiamo attualmente è in grado di riconoscere la proteina Spike espressa dalle nuove varianti.
Le possibilità quindi sono : offrire successivi richiami coi vaccini in uso o allestire e aspettare i nuovi vaccini diretti verso la proteina Spike delle varianti virali.Il mondo scientifico si interroga sulla efficacia di questi ultimi, adattati nei confronti di Omicron : infatti, immunizzando con varianti di un antigene già conosciuto in precedenza dal sistema immunitario, è possibile che si inducano preferenzialmente risposte contro l’antigene originale (il cosiddetto “peccato originale antigenico”). Ma i dati preliminari degli studi clinici sui vaccini adattati alla variante Omicron indicano che questi possono aumentare ed estendere la protezione se usati come booster, e vaccini che combinano due ceppi di Sars-CoV-2, uno dei quali sia un ceppo Omicron, sembrerebbero offrire una risposta immunitaria più ampia.
La preoccupazione è che intanto Omicron corre e a farne le spese siano i più fragili. Il vaccino attuale può essere un salva-vita , lo dicono i dati pubblicati su Jama Internal Medicine riguardanti la quarta campagna vaccinale condotta nelle residenze per anziani in Israele, secondo cui la mortalità sarebbe calata del 72% e la necessità di ospedalizzazione del 60%.Le dosi di richiamo somministrate mesi dopo un ciclo vaccinale completo possono ripristinare la protezione iniziale fornita dalla vaccinazione, anche in presenza di nuove varianti come Omicron.La somministrazione della quarta dose ed eventuali richiami successivi è una decisione influenzata anche dall’età della persona, fragilità, (posto che l’età e l’immunosenescenza collegata tende a rendere fragile ogni persona sopra i 75 anni), stile di vita e rischio ambientale. In un momento in cui la variante Omicron 5 rappresenta la causa principale delle nuove infezioni, in Italia il 40% degli immunocompromessi e il 19,2% degli anziani ultraottantenni ha ricevuto la cosiddetta quarta dose ,secondo i dati del Ministero della Salute.
Il tema dei richiami vaccinali successivi alla terza dose è tuttavia oggetto di discussione sia per la durata della protezione conferita sia per la sostenibilità . Nell’attuale dibattito internazionale molti esperti di salute pubblica pensano che la gestione nel lungo periodo dell’infezione da SARS-CoV2 in termini di vaccinazione potrebbe diventare simile a quella per la vaccinazione routinaria contro l’influenza. In questo contesto rientrano i diversi vaccini pan-coronavirus in via di sviluppo .Sono definiti anche vaccini universali, in quanto potrebbero proteggere contro tutte le varianti di Sars-CoV-2. Il mondo scientifico, in base ai progressi tecnologici realizzati negli ultimi due anni di pandemia ,è fiducioso che si possa disporre in tempi relativamente brevi di un vaccino non solo durevole, ma anche protettivo contro tutti i coronavirus.
Al primo link nel15 rapporto della Commissione Lincea Covid-19 sono riunite in tabelle le diverse tipologie di strategia vaccinale e relative piattaforme tecnologiche.